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Previsioni per la produzione industriale veronese: -20%, a causa del virus

Confindustria Verona ha commentato i dati durante l'assemblea privata. Il presidente Michele Bauli: «Servono riforme e strategia, prima a livello nazionale e a cascata su tutto il territorio»

Si è svolta nei giorni scorsi, in video conferenza, l'assemblea privata di Confindustria Verona. A coordinare i lavori il presidente degli industriali scaligeri Michele Bauli, affiancato da Matteo Albrigi, presidente del comitato provinciale piccola industria, e da Marco Dalla Bernardina, presidente del gruppo giovani imprenditori veronesi.

«Le ultime settimane sono state sconvolgenti - ha esordito Michele Bauli - Faccio davvero molta fatica a ricordarmi cosa stessimo vivendo prima di marzo. Certo il nostro paese non veniva da una situazione rosea con previsioni di crescita fiacca». Dai numeri, infatti, si legge che questa emergenza lascia il nostro paese con 7 milioni di cassa integrati, quasi la metà dell’'occupazione privata. Secondo la Banca d’Italia il Pil potrebbe avere un calo dal 9 al 13% nel 2020 portando il rapporto con il debito pubblico al 156%. L'Italia può comunque contare su basi solide: la ricchezza netta delle famiglie è 8,1 volte il reddito disponibile contro la media europea di 7,3; le imprese hanno un debito inferiore alla media europea ed una grande flessibilità; e la bilancia commerciale è positiva.

In questo panorama la situazione veronese è molto variegata, con un sistema produttivo diversificato su cui l'emergenza ha inciso in modo differente. A marzo, infatti, la produzione veronese aveva segnato un -3,4% e le previsioni per giugno arrivano a toccare il -20%. Mentre, prima dell'emergenza, Verona aveva segnato il 26mo trimestre di crescita consecutivo e aveva chiuso il 2019 con una disoccupazione che era passata dal 7 al 4,6%, che la posiziona nella top ten delle provincie italiane per occupazione. «Certamente lasceremo sul campo un po' di questo recupero - ha spiegato Bauli - ma il punto di partenza ci dà qualche vantaggio».

Ma ci sono diversi fattori di vantaggio strutturale che possono supportare il territorio: la vicinanza con la Germania, le infrastrutture, le aziende solide che contribuiscono a un quinto del valore aggiunto veneto. «Certo che tutto questo non basta - ha proseguito Bauli - servono riforme e strategia, prima a livello nazionale e a cascata su tutto il territorio. Occorre investire sul capitale umano, sulle infrastrutture materiali e immateriali, sulla ricerca, sull’innovazione. E ancora sulla sostenibilità, che ci può garantire uno sviluppo armonico; sulla sburocratizzazione; ed è infine giunto il momento di un nuovo patto fiscale. Abbiamo bisogno di una politica competente e tanto forte da non dover pensare solo alle urne. Nell'emergenza il governo ha messo a disposizione 180 miliardi che, per effetto moltiplicativo, possono attivare 500 miliardi. In bilico tra accontentare una platea estesa e intervenire chirurgicamente è stata scelta la prima opzione. Politicamente più spendibile e forse anche indispensabile in quel momento ma, adesso, pericolosissima».

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