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Cronaca San Bonifacio / Via Tangenziale

Il paziente muore dopo la diagnosi sbagliata: Ulss 20 condannata a risarcire la famiglia

Il 2 gennaio 2010 Giancarlo perfetto si recò al Pronto Soccorso di San Bonifacio per un dolore all'addome: l'uomo era stato colto da un infarto miocardico ma il medico che lo visitò lo curò per la gastrite

Uscirono "puliti" dal procedimento penale avviato nei loro confronti, ma nonostante ciò la condotta tenuta dai sette medici dell'ospedale di San Bonifacio, in servizio al pronto soccorso e in Unità coronarica, in occasione del ricovero del paziente Giancarlo Perfetto, deceduto una settimana dopo l'ingresso in ospedale, ha assunto profili di "una precisa obbligazione di natura contrattuale". 
E dal momento che "nell'accertamento del nesso causale in materia civile vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del 'più probabile' mentre nel processo penale vige quella della 'prova oltre il ragionevole dubbio'", le responsabilità dell'Ulss 20 e del primario di Cardiologia "in ordine ai trattamenti sanitari eseguiti sul paziente" sono state riconosciute dal giudice Massimo Coltro. Che ha quindi condannato entrambi i soggetti a risarcire la vedova, i figli e il nipote del paziente deceduto. 
La vicenda iniziò il 2 gennaio 2010, quando Perfetto si recò al Pronto Soccorso di San Bonifacio in seguito ad un dolore provato nella nella parte alta dell'addome. Da li venne mandato alla Guardia Medica che diagnosticò una gastrite. Ma la mattina successiva lo stesso paziente è stato riportato in ospedale, questa volta a causa di una crisi respiratoria: li una una radiografia al torace e un elettrocardiogramma accertarono la presenza di un infarto miocardico, patologia non rilevata al momento del primo controllo dal professionista. 
Il giudice quindi motiva dicendo: "I periti hanno evidenziato che al momento del primo accesso il medico non aveva valutato i sintomi adeguatamente considerando che l'epigastralgia (associata con vomito e sudorazione) avrebbe potuto essere la rappresentazione di un infarto. La condotta omissiva posta in essere dai sanitari del pronto soccorso aveva determinato in via di elevata probabilità il ritardo nell'inquadramento diagnostico". Quindi per il dott. Coltro "il secondo profilo di colpa deve essere ravvisato nella gestione clinico terapeutica nel reparto di cardiologia ove non è stata effettuata un'indagine coronarografica e non è stato eseguito un idoneo trattamento terapeutico anche col trasferimento in un diverso centro". Effettivamente poi Perfetto è stato mandato all'ospedale di Borgo Trento, quando però era troppo tardi. 
Il giudice poi ha proseguito riprendendo una decisione della Cassazione del 2005 e affermando che anche se "non emerge in termini chiari e palesi una qualche responsabilità in capo al primario, egli ha la responsabilità dei malati e l'obbligo di definire i criteri diagnostici che gli aiuti e gli assistenti devono seguire. I profili omissivi riferibili agli omessi interventi diagnostici non possono che essere addebitati al primario anche in considerazione del fatto che era presente in reparto ed era a conoscenza della situazione del signor Perfetto". 
Ad Ulss 20 e medico ora non resta che riscarcire la famiglia. 

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