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Venerdì, 26 Aprile 2024
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'Ndrangheta, Moreno Nicolis esce dal carcere e va ai domiciliari: scontro tra i magistrati

L'imprenditore veronese, finito in manette nell'ambito dell'operazione condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Brescia, ritorna a casa ma la Dda bresciana e la Procura di Mantova non sono d'accordo

Arrestato nei giorni scorsi in seguito ad un'operazione contro la 'ndrangheta condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Brescia, l'imprenditore veronese Moreno Nicolis, 59 anni, esce dal carcere di Mantova. Ieri, il giudice per le indagini preliminari di Mantova Matteo Grimaldi, ha messo sotto torchio sette delle dieci persone rinchiuse in seguito alle due operazioni denominate Aemilia e Pesci. Tra queste c'era anche il 59enne, che durante l'interrogatorio di convalida ha negato ogni addebito riservandosi di chiarire la propria posizione dopo avere accuratamente consultato gli atti dell'accusa. Al pari di altri quattro indagati, gli sono stati quindi concessi gli arresti domiciliari. Ma alla Dda di Brescia però non piaciuto tale provvedimento e ha già annunciato che farà appello
La decisione del gip Grimaldi scontenta anche la Procura di Mantova, secondo la quale questa decisione rischia di far sottovalutare la gravità delle vicende in cui sono coinvolte persone che erano state fermate nell'ambito di un'operazione che vuole combattere un presunto sistema che, secondo l'accusa, funzionava grazie a estorsioni aggravate da metodi e finalità mafiose.
Accolte quindi le richieste degli avvocati Massimo Leva e Alessandro Comunale Butturini, difensori di Nicolis, da parte del gip di Mantova che non ha convalidato il fermo per assenza di pericolo di fuga e concesso la misura degli arresti domiciliari all'imprenditore. 
"Gli stralci riportati con grande eco da vari organi di stampa - afferma un comunicato degli avvocati Leva e Comunale Butturini - sono tratti dall'ordinanza della Dda di Bologna relativa a un'indagine concernente vari reati, tra i quali l'ipotesi di associazione a delinquere di stampo mafioso, che concerne altri indagati e non riguarda in nessun modo la persona del signor Moreno Nicolis così come nell'ambito della predetta indagine non risulta essere stata attinta da alcun provvedimento cautelare né penale né civile la Nicofer". 
Si precisa inoltre che "il Nicolis è stato destinatario di decreto di fermo e contestuale richiesta di misura custodiale in carcere da parte della Dda di Brescia per asserita ipotesi di tentata estorsione". Episodio riassunto così nel comunicato: "Lo stesso avrebbe tentato di ottenere nel 2012 l'intestazione di due appartamenti in Curtatone, in provincia di Mantova, a fronte di forniture di ferro, da un imprenditore edile di origine calabrese, tramite l'interessamento di altri imprenditori edili di origine calabrese assuntamente collegati a sodalizio criminale. In realtà tale operazione commerciale del tutto lecita è avvenuta tramite la stipula di regolari contratti preliminari redatti nel 2008". Sempre tramite la nota, i legale ne conseguono "che i presunti rapporti volti alla conclusione di affari immobiliari nel territorio veronese da parte della Nicofer, riportati dagli organi di stampa, non riguardano in alcun modo l'accusa formulata dalla Dda di Brescia a carico del Nicolis, né hanno portato alla configurazione di ulteriori ipotesi di reato. Del resto, quanto ai citati affari immobiliari riportati dagli organi di stampa, la vicenda relativa al fallimento Rizzi riportata nell'ordinanza della Dda di Bologna è ivi testualmente definita priva in sé di rilevanza penale, mentre la vicenda relativa all'area di Forte Tomba è totalmente estranea al procedimento sia della Dda di Brescia che di Bologna". 
In conclusione viene affermato che "il Nicolis intende chiarire al più presto la propria posizione presso l'Autorità giudiziaria competente in Brescia".

Nell'ambito questa volta dell'inchiesta coordinata dalla Dda di Bologna, nella provincia scaligera erano finite in manette altre quattro persone, tutte di origine calabrese, tra Arcole, Oppeano e Roverchiara. Complessivamente, la Procura antimafia bolognese aveva ottenuto dal gip un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di ben 117 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, porto e detenzione illegali di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di capitali di illecita provenienza, emissione di fatture per operazioni inesistenti e altro.
In questo contesto, e nell'ambito di inchieste collegate, le procure di Catanzaro e Brescia avevano quindi emesso altri 46 provvedimenti di fermo per gli stessi reati. 

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