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Verona, colpo di scena al processo Agec: uno dei 5 dipendenti fa ricorso contro il patteggiamento

Il caso sui presunti appalti truccati per il servizio mensa dell'azienda comunale va a finire in Cassazione: se la Corte decidesse di accogliere la richiesta, presentata contro l'accusa di "falso" si torna in aula

Un colpo di scena all’indomani del patteggiamento per Agec. E’ quello che è stato annunciato da uno dei cinque dipendenti dell’azienda comunale coinvolti nell’inchiesta sui presunti appalti truccati per il servizio di refezione scolastica. A darne notizia è stato il pm, Gennaro Ottaviano, con la quale ha svelato l’intenzione di uno degli avvocati difensori di impugnare uno dei cinque patteggiamenti. Si tratta del legale di Davide Dusi che ha deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione facendo ricorso contro il reato di “falso in atto pubblico” e con l’ipotesi, ventilata dall’accusa, di essere stato uno dei “commissari ombra”. Secondo la linea difensiva, proprio per questo non avrebbe potuto mettere mano ai verbali sull’aggiudicazione della gara. Dusi aveva patteggiato una pena a un anno e sei mesi con il pubblico ministero Ottaviano. Con lui altri quattro dipendenti che erano già finiti agli arresti il 24 ottobre scorso: Giorgia Cona e Alessia Confente avevano trovato un accordo a un anno e 10 mesi, Luisa Fasoli a un anno e 7 mesi, Giovanni Bianchi a un anno e 11 mesi. Il 10 febbraio erano tornati in servizio, demansionati dalle precedenti competenze che avevano all’interno dell’Agec, che per il Comune gestisce i servizi mensa, quelli nei cimiteri, le farmacie e gli immobili.

A fine marzo, al termine dell’udienza preliminare, il giudice aveva concesso a tutti il patteggiamento delle pene e la sospensione condizionale, anche in ragione dell’accordo sulla “forma di riparazione” che prevede di fare beneficenza a favore di Abeo, associazione che si occupa delle cure dei bambini emopatici-oncologici. A conti fatti, quindi, la posizione dei cinque ex imputati rimane aperta, in sede giudiziaria. Tutto sta nella decisione della Cassazione: e se i giudici romani dovessero accogliere il ricorso si tornerà in udienza preliminare. In caso contrario la sentenza passerà “definitiva”.

Intanto, dopo l’intervista rilasciata dall’ex direttore generale S.T. (la prima dall’arresto), all’Agec si ribadisce che in caso di condanna dovrà restituire lo stipendio incassato finora. Come spiega il Corriere Veneto, riportando le parole del presidente Agce, Massimo Galli Righi,

«Ha dato le dimissioni dall'incarico di direttore generale, ma non si è dimesso da dipendente Agec - precisa Galli Righi -. Rimane quindi un dirigente, ed ha diritto per il contratto di lavoro a percepire il suo stipendio. Poteva autosospendersi dallo stipendio in attesa dell'esito del processo, con il diritto a ricevere tutte le mensilità in caso di assoluzione. Invece ha fatto la scelta di continuare a percepire lo stipendio, ma se verrà condannato dovrà restituire tutto».

L'EX PRESIDENTE - E sul caso è intervenuto anche l’ex presidente di Agec e fondatore di “Verona Pulita”, Michele Croce, da cui è partita, con un suo esposto, l'inchiesta della Procura. Croce che precisa come “non posso fare a meno di rilevare che appare fortemente significativa la circostanza che 5 tra dirigenti e dipendenti di Agec che erano alle sue strette dipendenze abbiano già patteggiato pene fino a 1 anno e 10 mesi per gli stessi fatti. Rilevo anche come la stessa Agec gli abbia chiesto il risarcimento dei danni costituendosi parte civile nel processo. Alla domanda sulla indennità che continua a percepire tuttora dall’Agec nonostante si trovi da 7 mesi in stato di arresto, l’ing. S.T. ha risposto che si tratta di una strumentalizzazione e che sta pagando le spese legali di tasca sua. Sulla constestazione degli appalti per la ristorazione che sarebbero stati truccati, l’ex direttore ha voluto evidenziare che grazie a lui la collettività ha risparmiato 3 milioni e 400mila euro.

Continua Croce: "Io semplicemente mi chiedo perchè mai allora i 5 dipendenti che hanno patteggiato avrebbero dovuto falsificare bandi e turbare l’asta! Se tutto era lineare, trasparente, lecito; se l’appalto portava solo utilità al Comune, perchè truccare le carte? perchè patteggiare le pene? Magari ce lo spiegherà durante il processo, sperando, lo ribadiamo, che riesca a provare la sua innocenza e che si sia trattato solo di una brutta storia per l’Agec segnata da 5 dipendenti infedeli che avrebbero truccato dei verbali per poi patteggiare le pene (e comunque ritrovare il posto di lavoro)”.

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