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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Peschiera del Garda / Piazza San Marco

Verona. Trevisi rompe il silenzio sulla Diaz dopo 14 anni. E lo fa su Facebook

Il poliziotto e direttore della scuola di Peschiera attraverso il canale social ha dichiarato: "Chiedo scusa per la Diaz. Dobbiamo parlarne e discuterne. Amo la Polizia e per questo dobbiamo crescere e imparare dai nostri fallimenti"

Quattordici anni fa si consumava la nerissima notte alla Diaz, in occasione del G8 di Genova. Gianpaolo Trevisi, poliziotto e direttore della scuola di polizia di Peschiera, ha rotto un silenzio lungo 14 anni: "Io a Genova c'ero. Ero uno dei poliziotti, E chiedo scusa".  Trevisi ha raccontato di quei difficili momenti attraverso un post su facebook. Non è un caso che la Corte europea dei diritti dell'uomo abbia di recente condannato l'Italia per quanto fatto dalle sue forze dell'ordine nell'irruzione alla caserma Diaz il 21 luglio 2001. L'Italia, secondo la Corte europea, si è macchiata in quell'occasione del reato di tortura e, inoltre, è colpevole di non avere, sempre secondo il giudizio della Corte, una legislazione adeguata a punire questo tipo di reato (la tortura appunto). 

Trevisi ha raccontato, attraverso Facebook, di quando, ormai quattordici anni fa, era davanti alla scuola Diaz a discutere con Agnoletto. Trevisi il giorno dopo la sentenza della Corte ha mostrato ai suoi 160 allievi, molti dei quali erano alle elementari all'epoca dei fatti, il film "Diaz". Ha pensato che fosse "meglio fare, piuttosto che dire". "Aspetto la prossima settimana per discuterne insieme, perché so bene, avendolo visto più volte, che subito dopo l'ultima scena, i titoli di coda ti stringono il collo, ti lasciano senza fiato e senza parole; rimani in silenzio e immobile sulla poltrona, ben sapendo che, nella maggior parte dei film o delle serie televisive, grazie alle quali molti amano la Polizia, è quasi tutto inventato e nell'unico, forse, unico film che ci distrugge è tutto drammaticamente vero, in quanto basato su fatti processualmente verificati", ha scritto Trevisi. 

Trevisi non vuole dimenticare quella notte e vuole anzi raccontarla a chi ancora non la conosce e dialogare con chi ha vissuto quei tragici momenti. E lo fa proprio perché ama la sua Polizia "sino al midollo". "Sono certo che anche per la Polizia, come per noi tutti essere umani, valga il fatto che si possa crescere, migliorare e cambiare proprio riconoscendo i gravi errori e studiando gli insuccessi e i fallimenti. Certo restano sempre aperte le ferite di chi quella notte, dentro un sacco a pelo, stava inseguendo dei sogni, magari anche macchiati di utopia, e si ritrova, ancora oggi, a convivere con un incubo sporco di sangue. Anche davanti a loro resto senza parole, dopo averne pronunciata solo una: scusate".

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