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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Santa Lucia e Golosine / Via Agostino Guerrieri

Caso Fusini: no all'autopsia | la paura di invecchiare dietro il folle gesto

Un patto d'amore dietro la tragedia: Luigi Fusini e la moglie Luciana Roveda non intendevano più vivere e hanno deciso insieme i dettagli del piano che ieri ha portato alla morte di entrambi e dell'anziano padre di lui

Continuano le indagini delle forze dell'ordine scaligere sulla tragedia che ieri mattina ha sconvolto il comune di Negrar e il quartiere di Santa Lucia. Emergono così, grazie anche alle lettere lasciate dall'omicida prima di togliersi la vita, i primi dettagli di quello che non sembra essere stato un attacco di follia: Dario Fusini programmava da tempo quanto fatto ieri con la sua semiautomatica regolarmente detenuta, e a quanto pare il progetto di sangue era condiviso anche dalla moglie.

DEPRESSIONE FATALE – Per gli inquirenti ormai è chiaro quale fosse il “motivo di salute” a cui Fusini fa riferimento nei suoi fogli d'addio ai famigliari: non un male incurabile, nessuna patologia fatale aveva colpito lui e la moglie, Luciana Roveda, 74 anni, quello che stava distruggendo una coppia che veniva descritta dagli amici come “due fidanzatini innamorati” era la paura di invecchiare, la disperazione del tempo che passa, la depressione che segue allo scoprire ogni giorno un piccolo, nuovo acciacco con cui fare i conti. Gli investigatori non hanno trovato ricette mediche particolari in casa, solo la prescrizione per un controllo all'anca di lui, operata anni fa. Niente di grave, niente che facesse presagire la tragedia.

“SIAMO SPACCIATI”- Eppure la coppia ormai aveva deciso: il giorno prima Luciana era andata dall'estetista, si era fatta bella. E ieri mattina indossava il vestito della festa quando si è seduta davanti al pesante tavolo di legno della taverna aspettando che il marito premesse il grilletto. Forse pensando di non trovare il coraggio già ieri, Luciana aveva anche fissato un intervento per delle iniezioni al volto, ma non è stato necessario: impugnata la pistola Dario ha fatto fuoco tre volte contro la moglie, colpendola al petto e uccidendola. A quel punto toccava a lui da solo portare avanti la parte più difficile del piano: togliere la vita al 99 enne Luigi Fusini, padre di Dario, da anni confinato in sedia a rotelle, che sicuramente non avrebbe retto all'idea di sopravvivere al figlio suicida. Così Fusini ha lasciato il corpo della moglie in taverna, assieme a due buste con dentro le motivazioni del suo gesto: una era destinata alle forze dell'ordine, l'altra ai figli. Nella seconda Dario descrive la situazione sua e della moglie dicendo: “Siamo spacciati”, due parole che da sole raccontano la forte crisi che stavano attraversando, la prostrazione psicologica che ha colpito i due coniugi all'idea di non poter più fare quello che facevano un tempo, perdendo le loro serate con gli amici, le loro nuotate in piscina.

IL TRAGICO EPILOGO – Mentre guidava verso Verona Dario Fusini ha quindi chiamato i carabinieri e la figliastra, per avvisarli che nella villetta di Negrar era accaduta “una cosa gravissima”. Lui intanto era arrivato a Santa Lucia e aveva raggiunto la casa del padre. Dario è salito nell'appartamento di via Guerrieri, si è comportato normalmente e ha fatto finta che non ci fosse nulla di strano. Poi, quando la badante che si occupava del padre disabile si è assentata per andare in bagno, Dario ha estratto la pistola: altri tre colpi, ancora una volta al petto. Luigi Fusini è morto immediatamente. I vicini descrivono quegli istanti come di piena confusione: qualcuno ha pensato a dei petardi, qualcun altro, più pessimista, è sceso a controllare che non ci fosse stata una qualche rapina nei negozi della strada. In ogni caso non c'era nulla da fare: con una rapidità disarmante, prima che persino la badante del padre potesse uscire dal bagno e capire cosa stesse succedendo, Fusini ha chiamato nuovamente le forze dell'ordine: “Venite, c'è un cadavere. E tra poco ce ne sarà un altro”. Poi ha rivolto l'arma contro sé stesso e, con un ultimo proiettile, si è ucciso.

NESSUNA AUTOPSIA - Non sarà effettuata l’autopsia su nessuna delle tre vittime. Il magistrato che coordina le indagini, Simona Macciò, ha ritenuto sufficiente l’esame esterno dei cadaveri. Gli investigatori non hanno trovato riscontri ai problemi di salute cui l’omicida avrebbe fatto riferimento nelle due lettere lasciate ai figli e alle forze dell’ordine per spiegare il suo folle gesto, confermando quindi l'ipotesi che più che di un disagio fisico in questo caso sia meglio parlare di depressione e prostrazione psicologica.

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