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Verona, parentopoli nelle partecipate: tutti assolti perchè il fatto non sussiste

Depositate le motivazioni della sentenza che nel maggio 2015 ha assolto i dirigenti Amia, Atv, Amt e Transeco dall'accusa di favoritismi di parentela nell'assunzione o nella modifica al contratto di alcuni dipendenti delle partecipate

Il caso era scoppiato nel 2014, quando 15 persone sono finite sotto processo per abuso d'ufficio, corruzione per atti contrari al dovere d'ufficio e truffa aggravata ai danni del Comune di Verona, per assunzioni relative al periodo compreso tra il 2008 e il 2010. Questo il punto di partenza per la parentopoli veronese, che ha visto coinvolti i membri del Cda di alcune aziende partecipate come Amia, Atv, Amt e Transeco. Nel maggio 2015 è arrivata l'assoluzione per gli accusati e a fine agosto sono state depositate le motivazioni della sentenza.

Come riporta L'Arena, ecco quanto si legge nella sentenza del giudice Marzio Guidorizzi, a capo del collegio che ha emesso il verdetto: "Non è sufficiente segnalare la relazione di un soggetto assunto con personaggi asseritamente «illustri» per poter sostenere che la ragione di quella assunzione sia proprio la relazione se non si sostiene e si prova che è la fonte di un rapporto preferenziale tra il soggetto «noto» e gli imputati, che ha indotto questi ultimi a violare la legge per un'assunzione di favore". Il fulcro dell'intera vicenda giudiziaria era l'abuso d'ufficio ed è l'accusa smontata dalla sentenza, che continua dicendo che gli accertamenti sono stati condotti solo su alcuni nominativi "selezionati in forza della segnalazione di Franco Bonfante o in forza di altre fonti non meglio indicate".

L'Arena continua a snocciolare i punti salienti della sentenza riportando che non sono stati violati l'articolo 97 della Costituzione e l'articolo 18 del decreto 112/2010. Infatti, "le società coinvolte sono affidatarie di servizi pubblici di rilevanza economica con enti pubblici come unici azionisti, ovvero sono società in house". Inoltre, l'assoluzione piena è arrivata perchè le allusioni a eventuali scambi di favori "non sono state supportate con atti investigativi" e non si sono concretizzate "in accertamenti dotati di una qualche valenza probatoria".

Come riporta L'Arena, la sentenza continua sostenendo che le assunzioni e le modifiche contrattuali non siano state inopportune "perché l'ipotesi che si sia trattato di assunzioni di favore deve trovare sostegno anche nel fatto che si presentino ingiustificate rispetto a esigenze gestionali od economiche o incongrue. Anzi, in alcuni casi l'istruttoria introdotta dalle difese ha positivamente dimostrato l'assenza di qualsiasi favoritismo". Sarebbe questo il caso della sorella dell'assessore Luca Coletto, il cui contratto in Amt fu convertito a tempo indeterminato. Tale assunzione "è stata motivata da valutazioni di merito effettuate dal dirigente per il cosiddetto «premio di risultato aziendale» per le quali la Coletto era addirittura la prima classificata con due punti di scarto rispetto ai secondi".

Dunque, l'abuso d'ufficio non sussiste perchè "la semplice violazione di regole di procedura preordinate all'adozione di atti d'ufficio non integrerebbe la fattispecie criminosa". La sentenza continua poi smontando le varie accuse su diverse violazioni.

Su una cosa i giudici hanno però dato ragione all'accusa, cioè che la privatizzazione di aziende pubbliche "ha spesso consentito gestioni clientelari, ma nulla nel processo che si è svolto consente di affermare che la resistenza a introdurre la regolamentazione della procedura fosse finalizzata a favorire questo o quel soggetto".

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