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Mozione anti-gender della Regione Veneto, comitati Lgbt non ne sono sorpresi

Amareggiato ma non sorpreso il comitato Lgbt Giordana Bruna di Verona commenta l'approvazione della mozione regionale per non introdurre il "gender" nelle scuole

Ha fatto molto discutere la mozione approvata dal consiglio regionale del Veneto in data 1 settembre contro quella che alcuni definiscono "ideologia del gender", in particolare, contro l'insegnamento di questa presunta ideologia nelle scuole. In tanti hanno commentato il provvedimento della Regione, tra cui il comitato Lgbt Giordana Bruna di Verona, che in una nota stampa dichiara:

L’1 settembre 2015 la regione Veneto, con 24 voti a favore e 9 contrari, ha approvato la mozione n. 13 che così recita: “La Scuola non introduca ideologie destabilizzanti e pericolose per lo sviluppo degli studenti quali l’ideologia gender” presentata dal Consigliere e Presidente della Terza Commissione permanente Sergio Berlato (FdI-An-Mcr). Il testo integrale della mozione può essere letto qui: https://acb29cb1a2878ca5d956f3d177749f645d7a6014.googledrive.com/host/0B3KpwmDcTMsSRDhiZkM3VXZzaG8/mozione-omofoba-veneto.pdf

Purtroppo, non sorprende che questo Consiglio Regionale confermi la politica dell’intolleranza contro le minoranze e contro i soggetti che non corrispondono al modello della cosiddetta “normalità” o della presunta “famiglia naturale”. La lotta contro il “gender” è in realtà una lotta contro i soggetti non conformi, contro gli “anormali”, i “devianti”, i diversi, e ovviamente gli stranieri di ogni ordine e grado. La Regione Veneto non è un paese per tutti! L’attacco anti-gender, tristemente approvato dalla Regione Veneto, che asservisce ancora una volta le istituzione laiche e repubblicane dello Stato alle volontà vaticane, è in realtà un attacco alla Scuola Pubblica e agli insegnanti che vi lavorano, ancora una volta umiliati e denigrati, considerati dei “pervertiti” che insegnerebbero agli alunni a toccarsi i genitali o, se lo desiderano, a diventare gay o lesbiche. Un corpo insegnante, insomma, nei confronti del quale le famiglie, a seguito di queste crociate, iniziano a nutrire non più rispetto e stima, ma diffidenza e sospetto. E’ da notare come l’attenzione venga puntata sul ruolo fondamentale dei genitori, che, da quanto traspare, sembra iscrivano i loro figli in scuole misteriose, dove gli insegnanti sono liberi di fare e di insegnare ciò che desiderano, in barba ai programmi ministeriali e soprattutto tenendo le famiglie all’oscuro di ciò che all’interno vi capita. Chi frequenta la scuola (sia perché vi lavora, sia perché ha deciso di avere un ruolo attivo nell’educazione dei figli, anche solo leggendo le informative che i vari istituti inviano regolarmente alle famiglie, sia perché fa parte del consiglio dei genitori) sa bene che nessuna decisione viene calata dall’alto, né, tantomeno, si impongono presunti corsi in cui, secondo quanto dichiarato dai movimenti “NO Gender”, si insegnerebbe ai bambini a masturbarsi o a diventare gay.

Ciò che è incluso all’interno del decreto “La Buona Scuola” e che viene così duramente contestato, in quanto apriporta dell’Ideologia Gender nella scuola, è nel sedicesimo comma dell’articolo 1 che così recita: «Il piano triennale dell'offerta formativa assicura l'attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n.119, nel rispetto dei limiti di spesa di cui all'articolo 5-bis, comma 1, primo periodo, del predetto decreto-legge n. 93 del 2013». Dove sarebbe l’atrocità nel voler insegnare ai ragazzi la parità tra sessi (leggasi: le donne devono avere gli stessi diritti degli uomini), la prevenzione alla violenza di genere (anche qui, leggasi: evitare episodi di violenza sia nei confronti delle donne, ma anche nei confronti di persone gay, lesbiche e trans) e di tutte le discriminazioni? Quale scuola volete per i vostri figli? Un ambiente inclusivo, in cui nessuno (nemmeno i vostri figli!) debba sentirsi sbagliato e diverso? O un luogo in cui chiunque possa prendere di mira chi risulta un bersaglio, senza che l’istituzione scolastica possa insegnare che ciò è errato?

Inoltre ci stupisce che la Regione Veneto, in barba a quanto dichiarato dall’AIP (Associazione Italiana Psicologia), dalla Diocesi di Padova (https://www.diocesipadova.it/s2ewdiocesipadova/allegati/9390/Nota%20su%20questione%20gender_Ufficio%20scuola_18.8.2015.pdf) nonché dal Miur stesso (https://www.ilpost.it/2015/06/19/lettera-preside-teoria-gender/) che ribadiscono che la fantomatica “Teoria del Gender” non esiste, non abbia assolutamente considerato tali organismi come autorevoli e qualificati per esprimersi su tale argomento. Cosa pensano, in Regione? Che davvero sia in atto un enorme complotto volto a omosessualizzare il mondo? E che in questo complotto, oltre a psicologi e un ministero Italiano, ci sia anche una Diocesi cattolica?

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