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Cronaca

Lui, lei e l'altra come da film, sventato macabro delitto

Impiegata si finge proprietaria di una nota azienda per liberarsi della rivale in amore

Più che un fatto di cronaca sembra la trama di un libro, di quelli che ti tengono incollati fino all’ultima pagina. E proprio come in un buon giallo, i colpevoli sarebbero delle persone rispettabilissime e insospettabili. Avrebbero progettato la realizzazione di un reato grave, quello di tentato sequestro, per poi mettere in piedi una serie di falsi atti di violenza al fine di depistare le indagini dei carabinieri. Ieri il cerchio si è chiuso attorno a Francesca Urban, classe ‘53, veronese, impiegata residente a corso Milano e Giampaolo Corso, classe ’63, sposato, residente in centro, funzionario amministrativo presso l’ospedale di Borgo Trento.

Siamo al 13 luglio scorso e manca poco a mezzogiorno in via Valpolicella, la strada che collega Arbizzano a Parona. Una signora sui 40 anni viene affiancata da un furgone bianco. Dal mezzo esce un energumeno con il volto coperto che prende la donna e la afferra per la gola. La signora tenta di opporre resistenza, ma la forza dell’uomo è soverchiante. Con la forza della disperazione, la malcapitata riesce a divincolarsi dalla morsa dell’uomo e inizia a correre disperatamente. Percorre una decina di metri, poi l’uomo è di nuovo su di lei. Fortunatamente, la strada è trafficata e la donna trova un soccorso inaspettato negli automobilisti di passaggio: due auto si fermano e una terza, dopo aver fatto inversione cerca di impedire che il furgone possa allontanarsi. L’aggressore, trovatosi alle strette, rientra nel furgone e si allontana a tutta velocità. Subito vengono allertati i carabinieri del nucleo investigativo e iniziano subito i primi rilevamenti: sul luogo viene ritrovato un barattolo pieno di soda caustica in scaglie, probabilmente perso dal furgone in fuga. Subito gli investigatori si chiedono a cosa potesse servire tutta quella soda. Forse ad un gesto estremo? Il furgone viene inoltre ripreso dalle telecamere: si tratta di un Nissan Trade, un mezzo ultratrentennale. Pochi sono gli esemplari ancora in circolazione.

Un altro dato che salta all’occhio è che ci troviamo nei pressi di una palestra. “Tutti gli indizi facevano presupporre ad un sequestro, ma erano talmente sfacciati che ci hanno fatto insospettire subito: abbiamo subito intuito che non si trattava di un caso così semplice e lineare. Quello che ci ha colpito è che il fatto è avvenuto in un orario di punta, in una strada molto trafficata” ha affermato il capitano del Comando Provinciale Francesco Milardi. Subito gli inquirenti hanno cercato un movente: la vittima conduceva una vita normale, non particolarmente benestante. L’ipotesi stupro è subito scartata, in quanto era improbabile che questo potesse avvenire alla luce del giorno. La terza ipotesi si sarebbe rivelata come quella esatta: secondo la ricostruzione dei carabinieri si tratterebbe di un caso di amore respinto.

Si viene a scoprire che la donna è legata sentimentalmente ad un distinto signore veronese, che ha da poco finito una relazione ventennale con una donna, Francesca Urban. Che si tratti di una ex messa da parte gonfia di risentimento? “La donna, Francesca Urban, ha messo in piedi una serie di reati o presunti tali per sviare su di lei i sospetti, ma ha commesso un errore strategico molto grave: ha avuto la presunzione di potersi mettere contro i carabinieri. Visto il timore di essere scoperta nel tentativo di sequestro organizzato, invece di sparire dalla circolazione e di comportarsi normalmente, architetta una serie di finti delitti per cercare di depistare le indagini, ma è rimasta vittima di sé stessa”.

Il 17 luglio la Urban denuncia di essere stata aggredita da uno sconosciuto in via Mameli, con una ferita all’avambraccio che le costa 50 punti di sutura: il taglio è netto e pulito, sembra fatto da un bisturi. Inoltre non sono stati intaccati muscoli oppure ossa. L’11 ottobre la donna è di nuovo vittima di sconosciuti, questa volta subisce una stilettata al fianco. Il taglio subìto è ancora una volta di precisione chirurgica, non slabrato. Il 7 novembre la signora dice di essere stata importunata e spintonata tra piazza delle Erbe e Porta Borsari, ma viene tradita dalle telecamere, che non riprendono nulla di quanto descritto. Inoltre la donna afferma di essere stata minacciata anche tramite lettere minatorie e telefonate, di cui porta come prove delle registrazioni fatte con un lettore mp3.

Le attività della donna insospettiscono gli investigatori, che la mettono sotto sorveglianza, piazzando cimici nell’ingresso di casa e si viene a scoprire i suoi incontri con Giampaolo Corso. Si scopre inoltre che a chiamare era Livio Volontè, operaio 55enne che lavorava nella Evais Onlus, di cui Corso è il titolare. Mentre gli inquirenti decidono che gli indizi diventano prove vere e proprie, Volontè viene arrestato lo scorso 17 novembre e rinchiuso a Montorio. Era stato riconosciuto come il conducente del pulmino della Evais, che era stato cammuffato per effettuare il sequestro. Il palco messo in piedi comincia a scricchiolare. Ieri, le manette sono scattate per Corso e Urban, colleghi di lavoro all’ospedale di Borgo Trento. Le accuse sono di sequestro, lesioni personali aggravate, simulazione di reato, minacce aggravate. I due sono stati portati al carcere di Brescia, separati nella struttura maschile e quella femminile: è stato ritenuto pericoloso per i due avere ulteriori contatti.

Infine i carabinieri hanno scoperto che per attirare Corso nel piano di sequestro, Urban si sarebbe finta proprietaria di un'azienda veronese nota a livello internazionale, promettendogli un incarico di prestigio. Insieme avevano tentato il sequestro della donna veronese avvalendosi di due complici. I carabinieri sono tuttora alla ricerca di un terzo complice.

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