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Cronaca Centro storico / Piazza Bra

Approvata la "legge anti moschee" in Veneto: lingua italiana obbligatoria e referendum

Con 30 voti favorevoli è stata approvata in Regione Veneto la cosiddetta "legge anti moschee" fortemente voluta dalla maggioranza in Giunta. Dalle fila delle opposizioni però si levano aspre critiche e sulla vicenda pesa il rischio di incostituzionalità del provvedimento

Alla fine è dunque stata approvata in Regione Veneto la proposta di legge per la modifica della legge regionale che regola la realizzazione di nuovi luoghi di culto. Si tratta di fatto dell'emendamento cosiddetto "anti moschee", ampiamente caldeggiato e difeso dalla Lega Nord, oltre che dalla Lista Tosi e da Veneto del Fare.

Durante la consultazione i voti contrari sono arrivati da parte degli esponenti del M5s, del Partito Democratico e dei consiglieri della Lista Moretti e di Veneto Civico. Voti comunque insufficienti, unitamente all'astensione di Area Popolare, per affossare una legge voluta dalla maggioranza che ha invece votato compatta, riuscendo così a portare a casa un risultato finale di 30 voti favorevoli, 8 contrari e 1 astenuto.

Al centro della legge il vincolo obbligatorio che impone l'uso della lingua italiana per "tutte le attività svolte nelle attrezzature di interesse comune per servizi religiosi che non siano strettamente connesse alle pratiche rituali di culto". Si tratta di un emendamento che porta il segno del Consigliere regionale leghista Alessandro Montagnoli, primo firmatario del provvedimento in questione. Oltre a ciò, la nuova normativa prevede anche la possibilità per i singoli Comuni di indire dei referendum per fare esprimere la cittadinanza in merito alla possibilità di costruire nuovi centri di culto sul territorio.

Grande soddisfazione circa l'intera vicenda traspare dagli ambienti della Lega Nord: "Era un provvedimento che i Veneti aspettavano da anni con molta impazienza - si legge in una nota rilasciata dalla Segreteria Provinciale della Lega Nord - e che finalmente ha ottenuto l'approvazione da parte del Consiglio regionale. Una legge seria che risolve una volta per tutte una spinosa questione. Da oggi non ci potranno essere più alibi per chi vorrà esercitare il proprio diritto di culto al di fuori di spazi ben regolamentati".

IL RISCHIO DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE

Non si sono fatte attendere le repliche piuttosto dure da parte delle opposizioni. In particolare sulla questione è intervenuta la consigliera regionale del M5S Patrizia Bartelle: "Si tratta - afferma la consigliera grillina – di fumo gettato in faccia ai cittadini veneti, dato che la legge regionale anti-moschee è una legge già nata incostituzionale. Il 24 marzo la Corte costituzionale ha infatti depositato la sentenza n. 63, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell’analoga legge lombarda nella parte in cui conteneva le medesime prescrizioni approvate ieri dall'improvvido legislatore veneto, che ha limitato la realizzazione di attrezzature di interesse comune per i servizi religiosi (cioè le moschee) alle sole confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato siano disciplinati dall'art. 8, terzo comma, della Costituzione, a quelle che abbiano Statuti che esprimano il carattere religioso delle loro attività istituzionali e il rispetto dei principi e dei valori della Costituzione, e a quelle confessioni religiose che abbiano una presenza organizzata e diffusa nel territorio di riferimento”.

“Non capisco se si tratti di incompetenza, ignoranza, malafede, o di un diabolico miscuglio di tutte queste cose assieme - prosegue poi nel suo intervento Patrizia Bartelle - non sarà infatti possibile da parte della Regione e dei Comuni applicare legittimamente e lecitamente una legge che nasce concretamente inapplicabile, perché esposta al rischio di ricorso alla Corte costituzionale ogni qual si volesse discriminare la libertà religiosa, sancito in generale dall’art. 3 della Costituzione".

“La Corte costituzionale – continua l’esponente M5S – ha infatti ricordato che il vigente ordinamento è contraddistinto dal principio di laicità, da intendersi come salvaguardia della libertà di religione in regime di pluralismo confessionale e culturale, e che il legislatore non può operare discriminazioni tra confessioni religiose in base alle circostanze incautamente approvate dai leghisti. Se la Lega crede di rispondere alle minacce di attentati e al terrorismo impedendo l’integrazione scolastica di Sinti e Rom o la costruzione delle moschee, è ampiamente fuori strada”.

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