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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Porto San Pancrazio / Lungadige Galtarossa

Pfas, la magistratura indaga. Acque Veronesi si è messa a disposizione

La società darà il suo sostegno alle indagini come in questi anni ha dato il suo contributo sostenendo costi per la gestione dell'emergenza superiori ai 700.000 euro

il Cda di Acque Veronesi, composto dal presidente Niko Cordioli, dal suo vice, Domenico Dal Cero e dal consigliere di amministrazione Paola Briani, ha ritenuto opportuno fare il punto sulla situazione sul caso Pfas nelle acque di alcuni comuni della bassa veronese, anche alla luce delle indagini avviate dalla magistratura. Le indagini sono partite da un esposto contro ignoti e Acque Veronesi si è subito messa a disposizione. 

Acque Veronesi ha ricordato che il caso è partito nel 2013, quando i Ministeri dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare evidenziarono la presenza di sostanze perfluoro-alchiliche (Pfas) nelle acque potabili e nelle acque superficiali della provincia di Vicenza e di alcuni comuni limitrofi. Acque Veronesi gestisce, nell’area interessata da tale presenza, l’acquedotto di Almisano-Lonigo, impianto che prende l'acqua da una falda profonda e la distribuisce alla rete acquedottistica di 12 Comuni dell’area in gestione (Arcole, Veronella, Zimella, Albaredo d’Adige, Cologna Veneta, Bonavigo, Minerbe, Pressana, Roveredo di Guà, Legnago, Boschi Sant’Anna, Bevilacqua e Terrazzo).

Le concentrazioni di accettabilità nelle acque idonee al consumo umano di questa sostanza non sono ancora attualmente definite e non esistono limiti di concentrazione, né nella nostra normativa nazionale, né in quella europea, né negli standard internazionali, fissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ciononostante, Acque Veronesi, a scopo preventivo, e al fine di garantire al massimo la tutela della salute dei propri utenti, già dal 2013, ha adottato una serie di importanti contromisure. Nello specifico, ha aumentato la frequenza della sostituzione di carboni attivi (GAC), mantenendo quale riferimento i valori guida massimi per la somma delle concentrazioni di detta sostanza nell’acqua potabile, elaborati dal Ministero dell’Ambiente della Germania nel 2006, e avviando anche diverse sperimentazioni. Inoltre, per la risoluzione della fase di emergenza, è stato inviato alla Regione Veneto un progetto di ampliamento del comparto di accumulo e potabilizzazione dell’impianto di Lonigo, con un costo previsto di 2.8 milioni di euro.

"Ad oggi, Acque Veronesi ha sostenuto costi di prima gestione dell’emergenza per oltre 700.000 euro ed altrettanti dovranno essere sborsati per interventi a breve termine - ha sottolineato Paola Briani - Nel corso del Consiglio di Amministrazione del 29 marzo 2016 si è svolta un’approfondita discussione sull’emergenza Pfas, in considerazione del fatto che la società continuerà ad intraprendere gli interventi straordinari di tutela nelle zone interessate, finchè non verrà fatta definitiva chiarezza. Poiché la società consortile, nell’ipotesi di accertamento, in sede penale, non può essere ritenuta tecnicamente parte offesa di un danno all’ambiente, pur potendo contestare di aver subito un considerevole danno economico per gli interventi straordinari che ha posto in essere e che continuerà a garantire, si è ritenuto di manifestare, intanto, la disponibilità dell’azienda a fornire il supporto necessario, nei limiti delle proprie competenze, nell’ambito della fase di indagine, al pubblico ministero incaricato. Una volta accertato un danno all’ambiente ed alla salute, nonchè un soggetto responsabile, il Consiglio di Amministrazione di Acque Veronesi valuterà le iniziative più opportune da intraprendere per ottenere il rimborso delle spese sostenute al fine di far fronte all’emergenza creatasi".

Cordioli, ricordando che la società effettua controlli continui sull’acqua in coordinamento con le Ulss competenti, ha raccomandato la massima attenzione sul tema, al fine di evitare inutili allarmismi che potrebbero generare confusione tra la cittadinanza.

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