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Cronaca

Depuratori, "Verifiche periodiche per la sicurezza ambientale"

La proposta dell’università di Brescia e di Aato Veronese: non c’è alcuna norma che regoli la periodicità dei controlli. L’obiettivo è farla diventare Legge per rendere obbligatorie le visite agli impianti

Un collaudo periodico, scientifico e condiviso, una “revisione tecnica” da eseguire ogni 4 anni volta ad accertare la funzionalità di tutti gli impianti di depurazione della provincia di Verona. Per far sì che tutti i soggetti chiamati in causa possano far fronte alle loro responsabilità, ma soprattutto per garantire un sempre più rigoroso rispetto nei confronti dell’ambiente e della popolazione che lo abita. Questa la proposta lanciata dall’università di Brescia e Aato Veronese, con le società di gestione scaligere Acque Veronesi e Ags, Azienda gardesana servizi per il territorio del Garda, proposta da subito appoggiata da Provincia di Verona, oltre che dal Comune di Verona. Il tema è stato al centro del convegno “Impianti di trattamento delle acque: verifiche di funzionalità e collaudo”.

Obiettivo è, dopo molti anni di studi, rendere finalmente le idee concrete: il mondo scientifico è pronto ormai da tempo per attuare le tecniche studiate. Per questo la proposta sarà trascritta e presentata all’assessore regionale all'Ambiente, Maurizio Conte, affinché la proposta diventi legge. In questo modo il Veneto sarebbe la prima regione italiana ad avere verifiche di controllo periodiche obbligatorie per legge. Da oltre trent’anni infatti la ricerca scientifica dedica particolare attenzione alle verifiche di funzionalità, con approfondimenti teorico/pratici sempre più perfezionati: negli ultimi 15 anni il progetto è stato portato avanti grazie al gruppo di lavoro "Gestione impianti di depurazione" dell’università di Brescia. Le tante esperienze fatte sono state raccolte in un manuale che contiene le principali verifiche, in tutto 30, descritte attraverso “metodiche standard”. Nella giornata di studio, coordinata da Carlo Collivignarelli, professore di ingegneria Sanitaria-ambientale, sono state presentate alcune delle principali verifiche: da quelle effettuate sulle reti fognarie ai processi biologici di depurazione, dai trattamenti di stabilizzazione del fango di depurazione ai processi di potabilizzazione delle acque.

LA SITUAZIONE A VERONA - Ad oggi gli impianti di depurazione nel Veronese sono in tutto 63 ed esistono dagli anni Ottanta, quando sono stati edificati in virtù della legge Merli del 1976: da allora molti sono stati i collaudi e le verifiche, ma mai pianificati secondo una scadenza periodica precisa: ogni verifica effettuata è, infatti, lasciata all’iniziativa della società di gestione. Verifiche periodiche pianificate sarebbero invece più che mai necessarie, dato che esattamente, come succede per esempio alle nostre automobili, anche gli impianti di depurazione sono soggetti a usura e a guasti; senza contare l’evoluzione delle normative ambientali (che cambiano) e di conseguenza li ‘declassano’ (e allora servono modifiche e potenziamenti per adeguarli). Tra gli impianti di depurazione nel Veronese il più grande è quello di Basso Acquar e serve tutto il territorio del Comune di Verona, lavorando su una portata di 30 milioni di metri cubi all’anno (30 miliardi di litri) e un carico di 410mila abitanti equivalenti. A seguire, il depuratore di Peschiera, che con l’estate e l’abbondante flusso turistico raggiunge il massimo della sua capacità di trattamento: 330mila abitanti equivalenti per 20 milioni di metri cubi l’anno. Di grandi dimensioni sono pure i depuratori di San Bonifacio, Cologna Veneta e San Giovanni Lupatoto, con una capacità tra i 50mila e i 70mila abitanti equivalenti.

GLI INTERVENTI

Flavio Tosi, sindaco di Verona Mauro Martelli, commissario straordinario AATO Veronese

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