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Cronaca

E alla fine tassa di soggiorno fu

stata definitivamente reintrodotta in Italia una imposta di cui nessuno sentiva il bisogno

Sette settimane sono passate da quando esprimevo dalle colonne di questo giornale la mia insofferenza per un provvedimento che avrebbe portato scompiglio ed ingiustizia nel mondo del turismo. Naturalmente gli eventi hanno avuto il corso paventato e, assieme ad un federalismo fiscale dalla fisionomia cangiante, soggetto a cambiamenti di scrittura ad ogni passaggio parlamentare, è stata definitivamente reintrodotta in Italia una tassa di cui nessuno, a parte i sindaci, sentiva il bisogno.

È cronaca l’esito dell’esame del provvedimento da parte della Commissione Cultura, presieduta da Lucia Cametti, in cui nutrito è stato il coro dei no con pochi o punti distinguo. Hanno steccato i pasdaran leghisti e due degli assessori presenti, uno scettico ma favorevole, non foss’altro perché padre dell’introduzione dei ticket sugli autobus e quindi possibilista per non sconfessare il suo operato precedente, l’altro favorevole a priori, convinto com’è che di Turismo, a Verona, capisce solo lui. Nella babele delle voci dissenzienti, compatte si sono dimostrate le diverse fazioni in cui, malauguratamente, sono divise gli operatori del turismo.

E le ragioni sono molte e convincenti: è una tassa che colpisce i turisti ma minaccia le imprese, che con l’i.r.a.p. e l’i.c.i. (nella futura versione i.m.u.) già contribuiscono alle finanze locali, inermi nei confronti degli intermediari che pretendessero di non farla pagare ai loro clienti sotto la spada di Damocle di trasferirli nelle strutture di quei comuni che non la possono, o vogliono, introdurre. Crea condizioni sperequative nel mercato, dove non tutti gli operatori lavorano nelle medesime condizioni di correttezza e trasparenza, e tra territori, aggiungendo confusione a confusione.

Crea costi occulti a totale carico dei sostituti d’imposta. Riduce il budget di spesa di chiunque voglia o debba dormire fuori casa, con evidenti riflessi sulle spese nelle destinazioni. Diamo merito al sindaco Tosi di non avere espresso al momento alcuna fretta di voler introdurre il provvedimento, a differenza di chi da Firenze l’ha scalzato dal podio di “sindaco più amato dagli italiani”, sebbene l’alibi di finanziare la Fondazione Arena con questo strumento, ribadito dalle colonne del giornale cittadino pochi giorni fa, sia una musica quanto mai allettante.

Un monito va comunque ribadito: su questo argomento devono fare i conti le forze politiche che si presenteranno alle prossime elezioni. Non è un caso che tutti i suoi colleghi in campagna elettorale, Letizia Moratti in testa, non abbiano perso tempo nel dichiarare di non volerla introdurre.

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