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Cronaca Lazise / Via Confine

Il custode notturno e 2 complici inscenano una rapina in azienda: arrestati

Il colpo alla fine è stato messo a segno, ma a compierlo non sono stati i criminali che il giovane sorvegliante ha descritto ai carabinieri, i quali hanno scoperto la commedia che aveva messo in piedi insieme ad altre due persone

Potendo contare sulla presenza di uno di loro all'interno dell'azienda, hanno cercato di inscenare una rapina al Calzaturificio Olip di Colà, ma i carabinieri della Compagnia di Peschiera non sono caduto nel tranello. Nella notte tra domenica e lunedì sono così finiti in manette V.N., 20enne di Castel d'Azzano, V.G., classe 1989 residente a Verona ma originario di Isola Capo Rizzuto (Crotone), e D.A., classe 1991 anch'egli residente a Verona ma originario di Ceprano, in provincia di Frosinone. Per i tre le accuse sono quelle di simulazione di reato e furto, commessi il 4 luglio 2018. 

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LA RAPINA - Erano circa le 22 di mercoledì 4 luglio, quando è arrivata la chiamata di V.N. alla centrale operativa dei carabinieri. Il ragazzo, assunto da una cooperativa, lavorava come guardiano notturno presso l'azienda situata nel comune di Lazise ed ha denunciato a militari di essere stato aggredito da alcuni individui, presumbilmente stranieri, durante l'orario di lavoro, i quali poi avrebbero tagliato la corda con la cassaforte. Gli uomini dell'Arma si sono quindi precipitati sul posto, dove hanno raccolto la testimonianza del giovane, prima che venisse portato via dall'ambulanza per accertamenti. 
V.N. ha così raccontato che stava svolgendo il consueto giro di controllo in quella serata piovosa, dopo aver già chiuso dall'interno tutte le porte dello stabilimento, quando, giunto nell'area ristoro dove si trovano le macchinette per il caffé, sarebbe stato aggredito da due uomini sbucati proprio da una porta. Armati di coltello e pistola, i criminali a quel punto lo avrebbero aggredito e, dopo averlo malmenato ed immobilizzato, lo avrebbero costretto ad indicargli il luogo in cui si trovava la cassaforte: trascinato negli uffici commerciali, il giovane sarebbe stato bloccato a terra da un malvivente che gli si è seduto sopra, mentre l'altro cercava di aprirla utilizzando un flessibile, che però si è rotto. I malviventi allora avrebbero messo la cassaforte su una sedia da ufficio munita di ruote, per trasportarla fino ad una Fiat Punto del calzaturificio, con la quale si sono allontanati. 
L'auto e la cassaforte aperta sono state trovate poi pochi giorni dopo abbandonate nella campagna del comune di Lazise: entrambe erano state bruciate e il contenuto della cassa (circa 15 mila euro tra assegni, cambiali e contanti) era sparito. 

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LE INDAGINI E I DUBBI - Sono partiti così i rilievi dei carabinieri del Norm di Peschiera del Garda, coadiuvati dai colleghi delle stazioni di Lazise e Peschiera, che hanno subito notato alcune incongruenze con il racconto del ragazzo. Innanzitutto questi non riportava i segni di una colluttazione, ma aveva solamente le guance rosse per gli schiaffi, a suo dire, presi. In secondo luogo, non c'erano tracce del passaggio dei malviventi. La porta antipanico indicata da V.N. infatti non presentava segni di effrazione e i filmati delle telecamere non avevano immortalato nessuno. Inoltre, essendo una notte piovosa, le impronte non facevano pensare ad una colluttazione: per i carabinieri infatti erano troppo regolari e lineari per combaciare con le scene desscritte. 
Ma non è finita. Secondo il racconto fornito alle forze dell'ordine, il giovane non è stato legato, ma solo bloccato da un malvivente che si sarebbe seduto sopra di lui: la cassaforte però, alta circa 1 metro e mezzo, peserebbe circa 3 quintali, troppo per essere caricata da una persona sola sulla sedia e poi in macchina. 

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Domande che hanno portato i militari ad eseguire alcuni accertamenti, partendo dagli esami del traffico telefonico, che hanno mostrato come il giovane custode, poco prima e in quegli attimi concitati, si sia messo in contatto con due persone, ovvero i suoi complici. Nessuna auto sospetta è stata inoltre ripresa dalle telecamere. 
Nel passato di V.N. (anche da minorenne) c'erano inoltre alcuni precedenti per reati contro il patrimonio e la persona e, una volta concluso il periodo di malattia, il 20enne non si è più presentato al lavoro.

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GLI ARRESTI - Ricostruiti i contatti fra i tre (V.N. e V.G. già si conoscevano, mentre quest'ultimo avrebbe coinvolto D.A., studente dell'Università di Verona prossimo alla laurea), gli inquirenti hanno dunque ottenuto le ordinanze di custodia cautelare dal giudice, che ha inflitto ai tre gli arresti domiciliari nei rispettivi paesi d'origine. 
Nel corso della conferenza stampa sulla vicenda, il comandandante dei carabinieri della stazione di Lazise, Gian Luca Battaglia, ha raccontato i momenti dell'esecuzione dell'ordinanza di V.G.. Quando infatti i militari si sono recati alla sua abitazione di corso Milano, l'uomo si presentato alla porta con la figlia di circa 6 anni, che ha dato in braccio ai militari mentre lui scappava dalla finestra. Atterrato su delle piante in giardino, si è però trovato davanti agli altri uomini dell'Arma che nel frattempo avevano circondato l'abitazione: «Se sapevo che eravate veramente i carabiniei mica scappavo», avrebbe detto. Segno che, secondo gli stessi militari, aspettava altre visite. Probabilmente anche meno cordiali. 

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