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Cronaca

AIDS in Veneto. Sono 1.256 i casi assistiti ma cala il tasso di mortalità

Sono stati diffusi dall'assessore alla Sanità Luca Coletto i dati che compongono i Report Annuali sull’HIV e l’AIDS della Regione, realizzati a cura della Direzione Prevenzione, aggiornati al 31 dicembre 2016

Dal 1984 a dicembre 2016 i casi di AIDS residenti in Veneto sono stati 3.915, di cui 3.490 segnalati nel Veneto e 306 segnalati da altre Regioni a carico di persone residenti in Veneto. Attualmente in Veneto i casi di AIDS assistiti, tecnicamente definiti “prevalenti”, sono 1.256. I nuovi casi registrati nel 2016 sono stati 40. Dal 1988 sono state invece 13.176 le nuove diagnosi per il virus dell’immunodeficienza umana HIV. Dal 1996, anno dell’introduzione della terapia Highly Active Antiretroviral, è progressivamente calato il numero dei decessi.
Questi e molti altri dati compongono i Report Annuali sull’HIV e l’AIDS della Regione del Veneto, realizzati a cura della Direzione Prevenzione, che da anni ha attivato un sistema di sorveglianza delle nuove diagnosi di HIV e AIDS. I dati aggiornati al 31 dicembre 2016 sono stati diffusi oggi dall’Assessore alla Sanità Luca Coletto, in occasione della Giornata Mondiale dell’AIDS che si terrà domani.

Il Rapporto analizza l’andamento della malattia conclamata ma anche la situazione legata alla diffusione del virus dell’HIV.

Per quanto riguarda l’infezione da HIV, dal 1988 (anno in cui la Regione del Veneto, prima in Italia, istituì un sistema di sorveglianza) ad oggi in Veneto sono state segnalate 13.176 nuove diagnosi. A queste si dovrebbero aggiungere le persone che potrebbero aver contratto la malattia ma che non ne sono ancora a conoscenza (perché non hanno effettuato il test). Possiamo quindi stimare, sottraendo i casi deceduti, che nel 2016 in Veneto siano circa 10.636 le persone con infezione da HIV (sia residenti che non residenti) che gravano sui servizi sanitari regionali. Dal biennio 2009-2010 il numero di nuove infezioni si è stabilizzato tra i 250 casi e i 300 casi all’anno, mentre risultano essere 207 i casi HIV segnalati nel corso del 2016.
La diffusione anche in Italia della terapia HAART ha certamente influito sulla speranza di vita dei malati di AIDS. La probabilità di sopravvivere per coloro che si sono ammalati nel periodo compreso tra il 1996 e il 2000, a due anni dalla diagnosi, è infatti di molto superiore rispetto ai casi diagnosticati prima del 1996 e si attesta attorno al 68%. A cinque anni dalla diagnosi, l’incremento della probabilità di sopravvivenza risulta essere ancora maggiore: si passa infatti dal meno del 20% per coloro che si sono ammalati prima dell’introduzione della terapia HAART, al 77% per i casi diagnosticati dal 2006.

Il 77,4% dei casi di AIDS interessa il sesso maschile.
Poco meno del 76% dei casi ha un’età compresa tra i 25 e i 44 anni. Il tasso di notifica massimo nel 2016 si ha in corrispondenza della classe d’età 45-49 anni (3,1 casi per 100.000 abitanti). L’età media dei casi alla diagnosi di AIDS nella Regione Veneto è in lieve calo e si assesta, per quest’ultimo anno di rilevazione, attorno ai 36 anni per le femmine e ai 46 per i maschi.
Il numero di casi tra gli stranieri è andato ad aumentare nel corso degli anni e, nel 2010, ha raggiunto il picco massimo del 46,8% sul totale dei casi residenti. Nel corso dell’ultimo anno la quota di stranieri tra le nuove diagnosi di AIDS è risultata più contenuta e pari al 37,5%.

Nell’intero periodo di osservazione, il principale fattore di rischio per l’AIDS è rappresentato dai rapporti eterosessuali (dal 2001 sempre oltre il 40% dei casi).
Per circa la metà di coloro che contraggono l’AIDS tramite rapporti eterosessuali od omosessuali, il periodo che intercorre tra il primo test effettuato per l’HIV e la diagnosi di AIDS è inferiore ai 6 mesi, mentre per l’84,7% dei tossicodipendenti il tempo trascorso tra test e diagnosi supera i 6 mesi.

L’HIV (Human Immunodeficiency Virus) è un virus che si trasmette da persona a persona attraverso i rapporti sessuali non protetti e l’utilizzo di siringhe o di altri strumenti contaminati con sangue infetto; è inoltre possibile la trasmissione dalla madre al feto durante la gravidanza e il parto. Una volta entrato nell’organismo, il virus HIV si replica all’interno delle cellule del sistema immunitario (linfociti), causandone la progressiva distruzione. Il malato va pertanto incontro a gravi infezioni da batteri, virus e funghi che normalmente non sono pericolosi in presenza di un sistema immunitario ben funzionante.
La terapia non è in grado di eradicare completamente il virus dell’HIV dall’organismo. Tuttavia, i farmaci attualmente disponibili consentono di tenere sotto controllo la replicazione del virus, preservando intatta la funzionalità del sistema immunitario. Questo consente di assicurare ai malati una qualità di vita abbastanza buona.
Per garantire la massima efficacia dei farmaci a disposizione, è fondamentale intervenire in una fase precoce dell’infezione: le diagnosi tardive sono infatti gravate da un notevole eccesso di mortalità e morbilità. Purtroppo, molte persone che hanno avuto comportamenti a rischio (ad es., rapporti sessuali non protetti) sottostimano la probabilità di essersi infettate e quindi non si sottopongono al test, giungendo in ritardo alla diagnosi, talvolta solo in presenza di sintomi severi, che compaiono quando le difese immunitarie sono già compromesse.
La diagnosi precoce dell’infezione da HIV è molto importante non solo per garantire cure tempestive ed efficaci alla persona affetta ma anche per evitare la diffusione dell’infezione ad altre persone. Una volta instaurata una terapia appropriata, invece, la contagiosità della malattia si riduce drasticamente, rendendo minimo il rischio di diffusione dell’infezione.

Rapporto HIV 2016

Rapporto AIDS 2016

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