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Cronaca Zevio / Via Alcide De Gasperi

Omicidio a Zevio, ucciso per "divertimento". Il nipote chiede giustizia: "Ma quale scherzo?"

Si allargano le indagini degli inquirenti per provare a fare luce sull'omicidio del 64enne che, dopo aver perso il lavoro, viveva a bordo della sua auto a Santa Maria di Zevio

«Gentili genitori, a seguito dell'incendio di questa notte a causa di un atto vandalico alle scuole elementari, sono già stati eseguiti i controlli da parte dei vigili del fuoco, Carabinieri, dirigente scolastica e Comune». Così scriveva sul suo profilo Facebook il sindaco di Zevio Diego Ruzza in data 15 ottobre 2017, all'indomani di un episodio definito quale "atto vandalico" con protagonisti un gruppetto di giovani e giovanissimi.

Due responsabili o "baby gang"?

La morte di Ahamed Fdil, l'uomo marocchino bruciato vivo il 13 dicembre scorso nella Fiat Punto dove, da quando aveva perso il lavoro, solitamente trascorreva la notte a Santa Maria di Zevio, non è evidentemente un fatto isolato. Vi erano stati precedenti allarmanti in paese e dalle testimonianze dei residenti emerge sempre più chiaramente un dato: la disgraziata notte di Santa Lucia forse furono soltanto in due ad agire, il 13enne figlio di una famiglia connazionale di Ahamed e il 17enne di genitori dell'est Europa, ma è alquanto probabile che a prendere di mira il senzatetto 64enne, abitualmente vi fossero anche altri soggetti. Le indagini stesse, riservatissime, condotte dai carabinieri, starebbero infatti in queste ore allargando il loro raggio d'azione.

Indagati ufficialmente per omicidio restano soltanto il 13enne e il 17enne, ma emergono oggi anche altri episodi riferiti da alcuni residenti: «Il più piccolo pare facesse parte della "banda" dell'incendio vicino al cavalcavia di qualche mese fa», ci rivela una signora che abita nei pressi del luogo dove Ahamed è stato ritrovato ucciso. Voci, tutte da confermare certo, ma che cominciano a rincorrersi riguardando sempre più spesso una "pluralità di soggetti". Ed è proprio questo che ora si tratta di comprendere: chi materialmente non ha dato fuoco all'auto di Ahamed, ma aveva partecipato alle precedenti scorribande, sapeva di quel che sarebbe accaduto la notte di Santa Lucia, e se sì perché ha taciuto?  

"Ammazzato per divertimento"

Intervistato dal Tg1 ha parlato un ragazzo del posto che ha detto di conoscere uno dei due giovani indagati. «È matto, è matto, è pazzo», si sente dire da un altro giovane a fianco dell'intervistato, il quale poi spiega: «È brutto da dire, ma lo hanno fatto quasi per divertimento, per noia». Parole drammatiche e al contempo cristalline, atroci così come atroce è stato vivere quei momenti concitati in cui le fiamme avvolgevano l'auto e il corpo di Ahamed per l'uomo che aveva cercato disperatamente di soccorrerlo, il signor Gino Pane, residente della zona che ai microfoni di Rai3 ha raccontato: «Vederlo morire in quella maniera è stato atroce, era vivo e cercava di salvarsi. Ero uscito per fumare e ho visto l'auto a fuoco, sono intervenuto per aiutarlo, l'ho preso per una mano ma lui era incastrato per una gamba e non sono riuscito a tirarlo fuori». 

La carta, i petardi e la benzina. Quale scherzo?

Cosa abbia davvero provocato l'incendio fatale del 13 dicembre scorso, resta tuttora da chiarire. In molti hanno dichiarato di aver visto il "gruppetto" di importunatori di Ahamed scagliargli addosso dei petardi negli ultimi giorni prima della sua morte. Ma parrebbe più verosimile che ad incendiare l'auto sia stata della carta, forse imbevuta di liquido infiammabile, o addirittura una bottiglietta con della benzina dentro, secondo un'altra ipotesi al vaglio, gettata all'interno dell'abitacolo.  

Parlare di "scherzo" pare uno scherzo, e di pessimo gusto anche. Così la pensa il nipote dell'uomo ucciso, Salah che vive a Barcellona e che più volte aveva invitato lo zio a raggiungerlo. Ma il 64enne dopo aver perso il lavoro ed essere finito in strada a dormire sulla sua auto, di andarsene dall'Italia non voleva sentirne parlare. Preferiva restare a Santa Maria di Zevio, ad attendere la pensione, tra un pasto offerto alla trattoria non lontano dal luogo della sua morte e una colazione al bar del paesello. Ed è proprio il nipote Salah ad arrabbiarsi quando sente parlare di "gioco", di "scherzo", tutte cose che a suo dire non c'entrano nulla con quanto è successo: «Non stavano giocando, - ha dichiarato al Tg1 - lo hanno assassinato e noi tutti aspettiamo giustizia».

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