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Pfas, Greenpeace: «Inquinamento poteva essere fermato a metà anni 2000»

Il rapporto dell'associazione ambientalista è una sintesi dell’annotazione di polizia giudiziaria redatta dal Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale Nucleo Operativo Ecologico (NOE) di Treviso

Con il rapporto “Le verità sul caso PFAS: come la popolazione veneta è stata condannata ad anni di grave inquinamento” diffuso il 21 marzo, Greenpeace denuncia come le autorità locali e gli enti di controllo ambientali potrebbero aver avuto un ruolo chiave nel ritardare gli interventi amministrativi (di bonifica) e le indagini penali a carico dell’azienda chimica Miteni.

Il rapporto è una sintesi dell’annotazione di polizia giudiziaria redatta dal Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale Nucleo Operativo Ecologico (NOE) di Treviso, acquisito da Greenpeace a seguito della chiusura delle indagini relative al procedimento penale n. 1943/16, ovvero relativo a “inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nelle province di Vicenza, Padova e Verona”.

L’annotazione del NOE, fanno sapere dall'organizazzione ambientalista, pone seri interrogativi sull’operato della Provincia di Vicenza che, in base agli esiti del progetto GIADA, condotto tra il 2003 e 2009, avrebbe dovuto richiedere verifiche approfondite proprio sullo stabilimento di Miteni. Quei dati evidenziavano notevoli incrementi di concentrazione di BTF (Benzotrifluoruri) nelle falde acquifere tra Trissino e Montecchio Maggiore ma, secondo il NOE, non sarebbero mai stati nemmeno formalmente inoltrati all’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Veneto (ARPAV). D’altra parte, per Greenpeace, la documentazione del NOE rivelerebbe che ARPAV avrebbe potuto far emergere l’inquinamento già nel 2006, quando tecnici dell’agenzia regionale intervennero presso la barriera idraulica istallata nel sito di Miteni: le operazioni di bonifica potevano partire in quel momento.

«Quanto emerge dal documento del NOE è gravissimo ma non ci risultano ulteriori filoni di indagine aperti dalla Procura di Vicenza a carico degli enti pubblici coinvolti - dichiara Giuseppe Ungherese, Responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia -. Ci auguriamo che la Procura agisca in fretta per definire un quadro chiaro ed esaustivo delle responsabilità e dei responsabili».

In particolare, dice l'associazione ambientalista, il ruolo dei tecnici ARPAV sarebbe più volte al centro dell’annotazione del NOE tanto che gli investigatori del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Treviso formalizzano, nero su bianco la “volontà dei tecnici ARPAV di non voler far emergere tale situazione” di inquinamento.

Dai documenti acquisiti da Greenpeace, appare difficilmente comprensibile anche la scelta della Procura di Vicenza di fissare al 2013 il termine ultimo di commissione dei reati: dalla relazione del NOE risulterebbe che i vertici di Miteni, IGIC e Mitsubishi Corporation potrebbero aver commesso reati fino al 2016 e oltre.

«La scelta della Procura di limitare gli accertamenti al 2013 implica l'inapplicabilità della normativa sui cosiddetti Ecoreati, entrata in vigore successivamente - aggiunge Ungherese -. Applicando la norma sugli Ecoreati, oltre alla possibilità di comminare pene più severe, si renderebbe minimo, almeno per alcuni degli imputati, il rischio della prescrizione».

Greenpeace segnala infatti come ancora una volta la prescrizione sui reati ambientali contestati rischia di far finire in un nulla di fatto, processualmente parlando, tutta la vicenda PFAS. «La popolazione veneta, che continua a subire le gravi conseguenze dell’inquinamento da PFAS sulla propria salute, ha il diritto di sapere tutta la verità e di avere giustizia».

Grazie al Nucleo operativo ecologico si sta facendo chiarezza sulle responsabilità politiche e amministrative di un disastro ambientale e sanitario che non riesce ad arrestarsi. Ora qualcuno dovrà risponderne.

Lo dichiara la parlamentare veneta Alessia Rotta, vicepresidente vicaria dei deputati del Partito Democratico.

Secondo quanto emerge la tossicità di Pfas e la presenza nelle acque era nota a chi era alla guida dell’Arpav e della Provincia di Vicenza già dal 2006, ma nulla è stato detto o fatto. La Lega, che nel 2006 era alla guida della Provincia di Vicenza, in questi anni si è riempita la bocca di belle parole, ma – sottolinea Rotta - quando aveva la possibilità di fare qualcosa non solo non ha agito, ma ha occultato preziose informazioni.
Se ci fosse stato un intervento tempestivo per fermare la Miteni e per la bonifica dell’area, migliaia di persone nel territorio avrebbero potuto evitare la contaminazione. Ora – conclude - mi auguro che le indagini vadano avanti, siano accertate le responsabilità e sia data verità e giustizia alle oltre 500 mila persone che da anni convivono con la preoccupazione di abitare in un territorio inquinato.

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