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Le Mamme NoPfas lanciano una raccolta fondi online: «Vogliamo giustizia»

La raccolta servirà a partecipare al procedimento penale e per svolgere studi scientifici ed indagini epidemiologiche: «È la nostra battaglia ma è anche la battaglia di tutti perché non si può più tacere di fronte ai crimini ambientali»

«La nostra vita è irrimediabilmente cambiata perché abbiamo scoperto di avere i Pfas nel sangue». Inizia così l'appello delle mamme venete che da anni lottano per avere giustizia per aver subito un vero e proprio avvelenamento da sostanze perfluoroalchiliche che, secondo alcuni studi, causano danni irreversibili all'organismo. «I Pfas sono acidi molto forti usati dagli anni Cinquanta nella filiera di concia delle pelli, nella produzione di carta e cartone per uso alimentare, per rivestire le padelle antiaderenti e per molto altro – spiegano nella loro pagina GoFundMe –. Gli scarichi di un’azienda del nostro territorio che produceva Pfas (Miteni) hanno contaminato le falde, i fiumi e con essi la terra e gli alimenti con cui si sono nutrite, e si nutrono tuttora, migliaia di persone del Veneto». Saranno infatti oltre 100mila le persone che parteciperanno per 10 anni al Piano di Sorveglianza Sanitaria promosso dalla Regione Veneto: «Nella zona degli scarichi alcune patologie (tumori, infertilità, malattie tiroidee) hanno una grande incidenza e sono in continuo aumento», dichiarano i genitori NoPfas.

L'azienda che ha provocato tutto questo ha dichiarato fallimento alla fine del 2018: «Ad oggi sappiamo che alcune persone sono indagate e che altre indagini sono in corso – aggiungono - ma i responsabili faranno di tutto per non rispondere dei danni arrecati».

Il gruppo di mamme (e papà) non si è scoraggiato e ha attivato una raccolta fondi per partecipare al procedimento penale e per svolgere studi scientifici ed indagini epidemiologiche ad hoc: «È la nostra battaglia ma è anche la battaglia di tutti perché non si può più tacere di fronte ai crimini ambientali».

Nel corso della settimana sull'argomento si sono scatenate nuove polemiche, in seguito ad un comunicato di Greenpeace basato sui dati raccolti del NOE dei Carabinieri di Treviso, secondo i quali l'inquinamento da Sostanze Perfluroalchiliche era noto già a metà anni duemila. 
Una vicenda che ha inevitabilmente provocato discussioni. Così dopo le parole di Guarda e Zanoni, sono stati gli assessori regionali Piero Ruzzante (Liberi E Uguali) e Patrizia Bartelle (Italia In Comune) ad intervenire, chiedendosi se Palazzo Balbi non ne fosse già a conoscenza. 

Dalle notizie riportate dalla stampa nazionale, emerse da un documento di Greenpeace relativo al rapporto del NOE dei Carabinieri di Treviso, sembrano delinearsi alcune responsabilità a carico di Arpav e in particolare del dipartimento di Vicenza. Addirittura, secondo quanto è dato leggere, la Provincia di Vicenza, con la complicità di Arpav, avrebbe nascosto per 13 anni il peggior caso di inquinamento delle falde acquifere della storia d’Italia. Una notizia gravissima, che ha dell'incredibile: per questo chiediamo a Zaia di fare chiarezza. 

I due consiglieri, nella giornata di giovedì, hanno depositato un'interrogazione per chiedere al Presidente della Regione “come si sono esplicate, dal 2006 ad oggi, le attività di vigilanza e riscontro di cui dall’art. 19, comma 1, lett.b) della Legge regionale 18 ottobre 1996, n. 32 nei confronti di ARPAV e con particolare riferimento al Dipartimento provinciale di Vicenza”.

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