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Martedì, 23 Aprile 2024
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Droga e giovani, lo psicologo Miotti: «La repressione non porta risultati»

Diversi i controlli nell'ambito dell'operazione scuole sicure nel Veronese, ma il vice presidente dell'ordine degli psicologi del Veneto teme che stimolino la trasgressione

Operazione «Scuole Sicure», ovvero i controlli antidroga eseguiti dalle forze dell'ordine nelle scuole o nei luoghi frequentati dagli studenti. Un'iniziativa del governo gialloverde per combattere la diffusione di sostanze stupefacente tra i più giovani. Nel Veronese, i blitz di «Scuole Sicure» sono state diverse, ad esempio all'istituto Giorgi o all'istituto Canossiano, giusto per citare i più recenti. Controlli che hanno portato al sequestro di modestissime quantità di stupefacenti e alla segnalazione di qualche studente. 
Ma questa operazione è la via maestra da seguire per combattere la diffusione di droga tra ragazzi e ragazze? La domanda se l'è fatta Ivan Grozny Compasso di PadovaOggi e l'ha rivolta ad Oscar Miotti, vice presidente dell'ordine degli psicologi del Veneto e responsabile della commissione psicologia e scuola.

Come psicologi dobbiamo andare a capire perché un ragazzo vuole usare le droghe - ha spiegato Miotti - Noi infatti avviamo dei progetti di prevenzione per capire quelli che sono i bisogni sottostanti. Le forze dell’ordine lavorano per creare delle zone pulite, drug free. Non bisogna portare la marjiuana a scuola, questo è certo, ma l'approccio repressivo non porta dei risultati e si stimola invece la voglia di trasgressione. I controlli di questo tipo non stimolano i cambiamenti ma anzi innescano meccanismi che spesso sono più dannosi che utili.

Ci sono stati anche casi di ragazzi denunciati dalle stesse madri perché consumatori di hashish e marjiuana. «Il caso delle madri che denunciano i figli - spiega il dottor Miotti - io lo valuto come un atto di debolezza e resa in quanto queste madri non hanno più gli strumenti per dialogare con i figli. Una madre che denuncia il figlio è alimentata dall'esasperazione. Noi dobbiamo metterli nelle condizioni di dialogare. Che la madre capisca la prospettiva del figlio e di questo i bisogni. Perché è questo che manifestano usando la droga, la mancanza di qualcosa, un vuoto da riempire».

Il lavoro di prevenzione ha questo come obiettivo, quello di farlo sentire vivo senza che usi scorciatoie dannose come la cocaina se vuole essere sovra eccitato o l'alcol o le droghe leggere se invece ciò che si cerca è la sedazione - prosegue Oscar Miotti - La repressione innesca ulteriore bisogno di trasgressione e questo agevola la dipendenza.
Il tabù di andare dallo psicologo esiste ancora: ma l'esperto in questione non deve intervenire nel caso di una patologia acclarata ma bisogna cominciare a pensare allo psicologo come un facilitatore del benessere. Lo psicologo deve essere promotore del benessere, nulla di più. Non è solo quello che affronta una malattia ma è quello che invece promuove lo stare meglio. Lo psicologo non dovrebbe essere solo nei consultori e a psichiatria ma dovrebbe essere presente nelle scuole e sul territorio. Vicino al medico di base, quella è l’idea che proponiamo. Spesso le persone hanno paura dello stigma sociale che si verifica se si va al consultorio o a psichiatria.
A Zevio e adesso a Padova è stato istituito un bando per fare un progetto di psicologo di base sul territorio e nella scuola. Questo è importante perché è la Regione che lo finanzia.
Avere uno psicologo a portata di mano, in un momento di difficoltà, è una grande opportunità. Non si viene schedati, c’è la riservatezza. Non si può neppure dire che una persona c'è stata dallo psicologo. A parte il medico di base non lo sa nessuno. E i dati sensibili non sono a disposizione di nessuno. Qundi anche da questo punto di vista non c'è nulla da temere.

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