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Lessinia, echi della manifestazione: «Non un centimetro di parco va sottratto»

Continuano le critiche alla Regione per la proposta di riduzione dell'area protetta del parco a 30 anni dalla sua nascita

«Oltre diecimila persone: una fiumana che non si esauriva mai coi partecipanti giunti dalle Venezie ma anche da Lombardia ed Emilia» ha manifestato domenica 26 gennaio sulle montagne nei dintorni di Bosco Chiesanuova contro la proposta della amministrazione regionale di ridurre di un quinto l'estensione del Parco Naturale dei Monti Lessini. La questione riguarda la provincia scaligera, ma anche quella berica vista la presenza nel parco dei comuni di Altissimo e Crespadoro. All'evento hanno partecipato anche alcuni consiglieri regionali i quali non hanno lesinato rimproveri alla maggioranza di centrodestra nonché alla giunta capitanata dal governatore leghista Luca Zaia. Ma le critiche all'indirizzo di palazzo Balbi sono giunte anche per la gestione dei cantieri della Spv nell'Ovest vicentino.

UN MESSAGGIO A VENEZIA E UNO ALL'ITALIA
La marcia contro la riduzione del parco era cominciata quando i manifestanti si sono trovati a Roveré Veronese alla Conca dei Parpari, uno dei luoghi più conosciuti della Lessinia. Di lì un serpentone umano «lunghissimo e colorato» si è messo in marcia sulla neve, non di rado accompagnata dalla nebbia, che scollinando tra sentieri e malghe è giunto un pio d'ore appresso in località San Giorgio nel comune di Bosco Chiesanuova. La marcia (sebbene il malcontento covasse da settimane) è stata «allegra, a tratti silenziosa», ed è avvenuta sotto lo sguardo attento delle forze dell'ordine: «assai poche», rimarcano gli organizzatori. Tra i manifestati ha parlato il regista teatrale veronese Alessandro Anderloni, il quale ai microfoni di Vicenzatoday.it ha fatto sapere che da oggi parte un invito perentorio «a volere bene alla Lessinia, a chi ci lavora, a chi ci fatica, a chi vive tutti giorni questa terra». Il regista poi ha spiegato che quello che parte dai monti veronesi è un messaggio buono per il governatore Zaia ma pure per tutto il Paese: «da oggi non più un centimetro quadrato dei nostri parchi naturali va più sottratto alla collettività».

DOPPIA STAFFILATA
Tuttavia la querelle, che nell'opinione pubblica veneta tiene banco da settimane non si è esaurita. I sostenitori della riduzione del parco (il centrodestra regionale, le categorie economiche e le associazioni degli agricoltori) ritengono che questa pur non alterando gli equilibri naturali e paesaggistici garantirà un più robusto sviluppo ecologico. Se invece le tutele e vincoli, anche edilizi, permanessero, ne soffrirebbero sviluppo economico e libera impresa. Netta invece è l'opposizione del mondo del turismo, dell'alpinismo, della galassia ambientalista ma anche di molti malgari che vedono il ridimensionamento del parco come un qualcosa che potrebbe assestargli un colpo fatale soprattutto perché l'area è già «ben antropizzata di suo». Manuel Brusco, consigliere regionale veneto del M5S presente durante la protesta, ha parlato di proposta «becera» dei partiti che sostengono il centrodestra. E ancora più duro è Andrea Zanoni (siede anche lui tra le fila della opposizione ma nel Pd) il quale ha parlato di legge regionale che se andasse in porto sarebbe un regalo «alla lobby della doppietta, a quella della betoniera» individuando così nei cacciatori, ma soprattutto tra gli stakeholder del cemento e delle cave i veri beneficiari di un provvedimento considerato assurdo anche in considerazione della pressione ambientale «già pazzesca di per sé cui è sottoposta la nostra regione che è peraltro la più cementificata nel Paese assieme alla Lombardia».

IL J'ACCUSE DI GUARDA
Un discorso a parte riguarda poi il j'accuse distillato dal consigliere regionale Cristina Guarda (gruppo Civica per il Veneto) che al termine della marcia non solo se l'è presa con la maggioranza di palazzo Ferro Fini per la proposta di riduzione della superficie del parco, ma ha anche attaccato l'amministrazione su un altro tema scottante. Si tratta della costruenda Superstrada pedemontana veneta, nota anche come Spv. Su questo versante da settimane sia la giunta sia gli uffici di palazzo Balbi stanno affrontando la polemica dell'attraversamento in sotterranea della contrada Cracchi nel comune di Cornedo Vicentino. Una famiglia sente che la sua casa sia minacciata dal cantiere e si è rivolta al tribunale civile di Vicenza. Frattanto sui media regionali era intervenuto l'ingegnere Elisabetta Pellegrini, responsabile dell'unità di progetto che in seno alla Regione Veneto coordina la sorveglianza sulla Spv della quale la stessa regione è il concedente. La Pellegrini aveva minimizzato i rischi paventati dalla famiglia sostenendo che il tracciato sotterraneo della strada non incrociasse la abitazione della famiglia cornedense che si era rivolta alla magistratura. «Come fa Pellegrini a dire una enormità del genere. Si tratta di una affermazione marchianamente non vera. Che quella casa sia appena diciassette metri sopra l'abitazione di una famiglia di Cornedo è un fatto. Come è un fatto che il tracciato in galleria sotterranea a breve passerà sotto la contrada Cracchi». Ed anche Zanoni aveva criticato palazzo Balbi proprio in tema di Spv.

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